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La pietra della follia
F. ARRABAL

 

HO una bolla d'aria. La sento perfettamente. Quando sono triste si fa più pesante e a volte, quando piango, sembra una goccia di mercurio.
La bolla d'aria cammina dal cervello al cuore e dal mio cuore al cervello.

***


"PICCOLO mio, piccolo mio".
Lei accese una minuscola lampada, alla fine, e io potei vederle il viso ma non il corpo, immerso nell'oscurità.
Le dissi "Mamma".
Mi chiese di abbracciarla. La strinsi e sentii le sue unghie affondarmi nelle spalle: subito il sangue sgorgò, umido.
Mi disse: "Piccolo mio, piccolo mio, abbracciami".
Mi avvicinai e, abbracciandola, sentii i suoi denti affondare nel collo e il sangue colare.
Allora mi accorsi che, appesa alla cintura, portava una piccola gabbia con dentro un passerotto. Era ferito eppure cantava: il suo sangue era il mio sangue.


***


NUDI, ci siamo avvinghiati in mezzo alla campagna e ben presto ci siamo distanziati dalla terra, abbiamo volato dolcemente. Sulla testa portavamo corone di ferro.
La brezza ci portava qua e là e talvolta giravamo su noi stessi vertiginosamente, sempre uniti. Le nostre corone, però, non cadevano.
Abbiamo percorso così, in un attimo, qualsiasi tipo di paesaggio, le mie cosce tra le sue, guancia a guancia e con le due corone che si toccavano.
Siamo ritornati a terra dopo le ultime convulsioni. Le corone ci avevano ferito la fronte e il sangue sgorgava.
QUANDO mi metto a scrivere il calamaio si riempie di lettere, la penna di parole e il foglio bianco di frasi.
Allora chiudo gli occhi e, mentre sento il tictac dell'orologio, vedo girare attorno al mio cervello, minuscoli, ilpoveropazzoamnesiaco perseguitato dal filosofoconlamadragola.
Quando apro gli occhi le lettere, le parole e le frasi sono scomparse e sul foglio bianco posso iniziare a scrivere:
"Quando mi metto a scrivere il calamaio si riempie di lettere, la penna...". Etc.
NON ho mai saputo perché tutti la chiamavano "filosofia".
Mi diceva che io ero il sole e lei la luna, che ero il cubo e lei la sfera, che io ero l'oro e lei l'argento. Allora da tutto il corpo mi fuoriuscivano fiamme, e pioggia da tutti i pori del suo.
Ci stringemmo, le mie fiamme si mescolarono alla sua pioggia e attorno a noi si formarono infiniti arcobaleni. Fu allora che mi insegnò che io sono il fuoco e lei, l'acqua.

***


IL parroco è venuto a far visita a mia madre e le ha detto che sono pazzo.
Allora mia madre mi ha attaccato alla sedia. Il parroco mi ha fatto un buco nella nuca con un bisturi e ne ha estratto la pietra della follia.
Poi mi hanno portato, legato mani e piedi, fino alla navata dei pazzi.

***


UN giorno, guardandomi allo specchio, vidi che tre pezzi della testa mi cadevano come se fossero tre piccole pietre. Li sostituii con cura.
L'indomani caddero altri sette pezzi. Avrebbero anche potuto essere, effettivamente, delle piccole pietre. Li ricollocai facendo particolare attenzione a non cambiarli di posto.
Da allora mi cadono pezzi di testa tutte le mattine, e anche del viso. A volte mi frana giù metà della testa. Sono costretto a passare intere ore in bagno a riposizionare i pezzi.
Oggi ho sorpreso i miei familiari a parlarmi dietro:
"Diventa sempre più strano; ora gli è presa la mania di non girare del tutto la testa e di chiudersi in bagno per ore".

***


QUANDO penso alla memoria, nell'angolo della stanza mi appare la signora e anche il matto nero.
Quando penso alla mia immaginazione vedo passarmi davanti il leone di Copenaghen.
Quando penso ai miei sogni il pavimento si riempie di bombette.
E quando nella penombra, alla mia scrivania, scrivo N I E N T E, posso leggere sul mio pollice, in lettere fosforescenti, la parola T U T T 0 .

***


NELL'oscurità non vedo altro che gli occhi della Sfinge di Tanis. Sono immobili e mi guardano. Anch'io li osservo senza voltarmi.
D'un tratto vedo la scritta P A U R A in uno di quegli occhi, e nell'altro la parola S P E R A N Z A.
Ma subito la Sfinge chiude gli occhi e non vedo più che l'oscurità.

***


DIETRO c'è una suora, e un grande tegame sul fuoco. Credo che stia cuocendo un'omelette perché vicino a lei vedo due uova gigantesche. Mi avvicino, lei mi guarda intensamente e sento che al posto delle gambe, sotto la veste, ha due cosce di rana.
Nel tegame c'è un uomo dall'aria indifferente. Di quando in quando fa uscire un ^piede dalla pentola forse ha caldo ma la suora glielo impedisce. Ora l'uomo non gira più e una sorta di brodo in odore di consommé lo ricopre completamente. La minestra diventa molto fitta, non lo vedo più.
La suora mi dice di andare in un angolo. L'accompagno. Inizia a parlare e mi rivolge delle oscenità. Mi avvicino per capirla meglio. Qualcuno dietro a noi ride. Guardo le mani della suora e scopro due zampe di rana.
Sono nudo: ho paura che mi vedano in questo stato. Lei mi consiglia di rifugiarmi dentro il grande tegame, in modo che nessuno mi sorprenda. Ci vado. Il bollore diventa sempre più intenso: cerco di far uscire un piede dalla pentola ma la suora me lo impedisce. D'improvviso il consommé mi ricopre interamente e sento che il calore aumenta senza sosta. Brucio.

***


QUANDO mi metto a scrivere il calamaio si riempie di versi, la penna di sogni e il foglio bianco di idee.
Allora chiudo gli occhi e, mentre sento il ronron della pentola, vedo girare attorno al mio cervello, minuscoli, la bellaLis perseguitata dalla madreabusiva.
Quando apro gli occhi i versi, i sogni e le idee sono scomparsi e sul foglio bianco posso iniziare a scrivere:
"Quando mi metto a scrivere il calamaio si riempie di versi, la penna...". Etc.

***


LEI avanza davanti a me, sulla strada.
D'un tratto mi rendo conto che, malgrado il traffico molto intenso, lei è in piedi sopra un toro che la trasporta dolcemente.
Un uccello di cui ignoro il nome (più grande di una colomba) le si appollaia subito sulla testa. Nella mano lei stringe l'estremità di una catena, che trascina per terra.
Continuo a guardarla e vedo che la pianta dei suoi piedi, nudi, tocca il dorso del toro. E io sono entrambi, nelle strade.
Mi fermo un attimo e allora mi accorgo che la catena èattaccata al mio piede destro con un anello, sul quale c'è scritto: P A N.

***


AL risveglio vidi che il gatto, immobile sul cassettone, mi guardava fisso. Forse aveva passato la notte così.
(Allora mi ricordai del sogno: mentre dormivo un gatto mi osservava, immobile, sul cassettone, e svegliandomi lo vedevo gettarsi su di me e graffiarmi il viso).
Non ebbi il tempo di proteggermi, il gatto mi balzò addosso e mi graffiò la guancia destra. Mi guardai allo specchio e vidi che il sangue mi aveva tracciato sul viso la parola; "Scienza".

***


I due pesci avevano il corpo incastonato di stelle e una corda attaccata alla coda serviva ad essi da legame. Volavano nell'aria. Ecco perché P i s c i s simbolizza la fortuna, mi disse lei.
L'ariete, una stella su ciascun zoccolo, faceva dei salti e passava costantemente attraverso un cerchio di metallo. Ecco perché, mi disse lei, A r i e s simbolizza la volontà.
Il toro, una stella su ciascuno dei corni, s'immobilizzò seduto su una colonna. Ecco perché T a u r u s simbolizza la memoria, mi disse lei.
L'acquario, un rosario di stelle sulla sua giara, spandeva un liquido bianco sulla pietra filosofale. Ecco perché, mi disse lei, A q u a r i u s simbolizza la conoscenza.
Allora mi accorsi che lei, mentre parlava, aveva incastonato sulla mia sedia una stella di ferro.

***


LEI mi ha donato un bouquet di fiori, mi ha messo un vestito rosso e mi ha fatto arrampicare sulle sue spalle. Diceva: "Siccome è un nano ha un folle complesso di inferiorità", e la gente rideva.
Camminava molto veloce e io mi aggrappavo stretto stretto alla sua fronte per non cadere. Attorno a noi c'erano molti bambini e, anche se le ero salito sopra, arrivavo appena all'altezza dei loro ginocchi.
Quando mi sentivo stanco mi dava da bere una coppa piena d'un liquido rosso dal gusto di cocacola. Appena finito lei si rimetteva a correre. E la gente rideva, sembravano cicale. Lei chiese di smettere perché io ero troppo suscettibile, e la gente rise a squarciagola.
Lei correva sempre più in fretta e io vedevo i suoi seni messi a nudo, la camicia che fluttuava al vento. La gente rideva a più non posso.
Infine mi depose a terra e scomparve. Un gruppo di enormi polli rossi mi si avvicinò chiocciando. Non ero più grande dei loro becchi, che avanzavano verso di me per beccarmi.

***


A VOLTE, quando guardo l'albero, vedo al posto del tronco un collo e un papillon.
Se mi avvicino posso aprire la corteccia come fosse una porta, e all'interno scopro un tetraedro regolare vuoto, nel tetraedro una sfera e nella sfera la parola "sapere".

***


SIGNORI,
Ho ricevuto e gradito la vostra del 27 novembre scorso (riferimento 8763 BM/PR). Vi prego di scusarmi per il ritardo, ma dei violenti dolori alla nuca mi fanno molto soffrire in questo periodo e mi lasciano prostrato per intere giornate.
Ho effettivamente messo sulla facciata della mia casa due grandi tappezzerie color violetto. Vi prego di credermi quando dico che sono assolutamente necessarie alla mia tranquillità. Recentemente ho ricevuto alcune visite capaci di turbare profondamente la mia serenità, e per scoraggiarle mi vedo costretto a ricorrere a questo metodo. Comprenderete facilmente che non posso vegliare giorno e notte al mio balcone. Quanto ai vari segni sul muro, essi sono stati posti là al medesimo scopo, cosi come la scritta: "Scansatevi da me, sporchi individui".
La soluzione che mi proponete (mettere quelle tappezzerie e quei segni nell'anticamera del mio appartamento) non può essermi di alcun aiuto. 1 visitatori entrano sempre dalla finestra (attraversando spesso il muro) e tutto mi lascia pensare che arrivino da me volando nell'aria.
Rassicurate dunque i miei concittadini e dite loro che non devono vedere nei miei modesti mezzi di protezione niente che possa offenderli.
Vi ringrazio di preoccuparvi con sollecitudine dei miei problemi più intimi e vi prego di gradire, Signori, ì miei più rispettosi saluti.

***


TUTTI sono seduti intorno a un qualche tavolo, e parlano. lo li guardo, in un angolo.
Lei ascolta fumando un sigaro, al centro, di fronte a lui. Di quando in quando vedo scritte nei suoi occhi delle parole, però dalla parte in cui mi trovo non riesco a decifrarle. Se guardo nello specchio mi sembra che lui possa leggerle senza difficoltà.
Poi lei si inette a prendere il contorno dei propri occhi, con un pennello. Mi accorgo che traccia dei segni che non arrivo a decifrare bene e che lui sembra invece interpretare correttamente.
Infine lei estrae dalla borsa un rossetto bianco, che diventa rosso al contatto delle labbra. Allora delle volute di fumo sfuggono dalla pipa di lui, anche queste rosse.
Tutti continuano a parlare, credo d'essere il solo ad aver visto tutto.

***


HO notato che, quando nei boschi dipingo il quadro verde, tutti vorrebbero chiedermi: "Perché lei si pettina Al sottrarvicisi?".
Ho notato che, quando dipingo il quadro nero, tutti vorrebbero domandarmi: "Perché lei si pettina al Più vicina del cogito?".
Ho notato che, quando dipingo il quadro blu, tutti vorrebbero domandarmi: "Perché lei si pettina al Così caratterizzato !.
Dato che i dolori che provo alla nuca non mi lasciano spiegare facilmente, temo che un giorno qualcuno potrà pormi queste domande, perché non saprei rispondere con la precisione voluta.

***


LA ragazzina nuda a cavallo mi dice di andare sulla piazza.
Ci andai. Vidi la gente giocare con delle palle, che lanciava e poi riprende grazie ad un grosso elastico. Quando poi attraversai la piazza tutti smisero di giocare e mi indicarono coi dito, ridendo. Allora mi misi a correre e loro mi scagliarono delle palle che rotolavano a terra, vicino a me, senza raggiungermi: erano di ferro.
Mi precipitai nella prima strada che trovai, alla cieca. Dopo, capii che mi ero infilato in una strada senza uscita. Feci ritorno alla piazza.
Un cavallo si lanciò al mio inseguimento: per sfuggirgli mi nascosi dietro un albero con diversi tronchi. Il cavallo mi si scagliò contro ma restò prigioniero dell'albero, i cui rami gli si richiusero addosso. Alzai gli occhi e vidi la ragazzina nuda.
Cercai di liberare il cavallo; lui mi morse la mano, staccandomi parte del polsino. Nitrì e sembrava che ridesse. La gente si mise a scagharmi delle palle di ferro e la ragazzina nuda a cavallo nascose il viso, per non far vedere che scoppìava dal ridere.

***


E' venuto verso di me e mi ha detto: "Sono il genio dell'ora quinta".
E io gli dissi: "Allora tu sei Zeirna, genio delle intensità''.
Egli mi rispose: "No, io sono Tablìbik, genio della malìa".
Poi aggiunse: "L'uomo si erge sui suoi piedi, si stacca dalla terra, cammina, va dove vuole".

***


Lunedì:

HO un gran mal di testa: alla nuca. Per strada mi sono accorto che la gente parla una lingua che non capisco. Tutte le stazioni radio che ho potuto captare parlano questa lingua sconosciuta.

Martedì:

Un bambino di una dozzina d'anni, con in mano un mulinello di carta, mi ha parlato in questa lingua sconosciuta e io gli ho risposto comunque. Non capivo né le sue domande né le mie "risposte", e ciononostante abbiamo chiacchierato per qualche minuto.

Mercoledì:

Da quando ho messo piede in strada ho iniziato a parlare questo linguaggio incomprensibile.

Giovedì:

Ho più che mai male alla testa alla nuca e mi sono accorto che per tutto il giorno ho detto delle "frasi" in questa lingua, anche a casa.

Molkerte

Vadonserve ent Ilica mossoreglas teiner milu artem lo tersijilomen gualen saipe sy oy on prencomder.

***


I gemelli, una stella in fronte, sì osservano, l'uno con in mano una gabbia e l'altro con una lancia. Ecco perché G e m i n i simbolizza l'intelligenza, mi disse lei.
Lo scorpione, una schiera di stelle sulla coda, giaceva gigantesco sotto i piedi dell'uomo nudo con un serpente in mano. Ecco perché, mi disse lei, S c o r p i u s simbolizza l'amicizia.
Il sagittario, una stella al seno, scagliava le sue frecce sulla schiena dell'altro sagittario. Ecco perché S a g i t t a r i u s simbolizza il tempo, mi disse lei.
Il cancro, una stella al centro del carapace, avanzava con le sue otto zampe verso il labirinto. Ecco perché, mi disse lei, C a n c e r simbolizza il sogno.
Allora mi accorsi che lei, mentre parlava, aveva incastonato sulla mia sedia una stella di ferro.

***


LEI sorrideva e mi accarezzava.
Poi mi metteva nel suo letto e io la guardavo mentre dormiva; a volte mi teneva con sé per tutta la notte.
Quando non facevo tutto ciò che voleva mi batteva con una verga. Allora andavo a dormire nell'altra stanza, e aspettavo il suo ritorno e le sue carezze per l'indomani mattina.
Un giorno, dato che puzzavo, mi castrò e da allora, anche se mi porta nel suo letto e mi accarezza, non posso più farle coccole.

***
AL teatro Panico 1'"uomo solitario" era sempre accompagnato.
Il regista gli chiese di recitare "le coincidenze" e 1`uomo solitario", disdegnando il mondo "sovrannaturale", recitò una scena "normale".

***
VEDENDOLA seduta con l'uomo dai capelli bianchi, mi misi gattoni e andai verso di lei.
Invece di mettermi un guinzaglio al collo e passeggiare con me tutto il pomeriggio, lei cercò di scappare.
Fu allora che mi alzai, mi attaccai alle sue mani e cominciai a frustrarla.

***
RARAMENTE mi è successo, andando in spiaggia, di vedere la parola "mare" dipinta di nero sull'acqua.
Altrettanto raramente mi è successo, avvicinandomi alla montagna, di vedere dipinta sui suoi fianchi la parola "monte".
Ogni volta che mi siedo a scrivere, però, vedo sul foglio di carta bianca due grandi lettere, IO.

***
A VOLTE, di notte, la mia stanza si riempie di luce e solo la lampada accesa resta completamente nera; ciò che la circonda, sprofondato nella penombra.
Per scrivere devo dunque scostarmi dalla lampada. E quando voglio scrivere 'Io so perché" la mia mano traccia 'Io non so se".

***
ATTRAVERSO la sua pelle di pantera vedevo le ginocchia bianche, le unghie laccate e i suoi capelli biondi. Sotto le zanne da belva vedevo anche le labbra chiuse e truccate.
Mi gironzolava intorno, appariva e scompariva, e a volte sembrava danzare. Credetti di sentirla dire: "Sono l'Immacolata Concezione".
Poi passarono altre pantere cavalcate da uomini nudi che, vedendomi, ridevano. Capii che dovevo spogliarmi, e lo feci. Lei si venne subito a piazzare vicinissimo a me e, proprio mentre stavo per salirle in groppa, mi scagliò a terra e mi lacerò il petto con le sue unghie di pantera.
A volte, quando lei mi bacia la mano, sento un calore particolare. Quando ritrae le labbra, mi appare sul palmo la parola "sogno".

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HO notato che, a volte, quando la spengo, la radio continua comunque a funzionare; strappo la presa e funziona lo stesso; la sbatto per terra, la fracasso con un martello e, da quel che resta, si alza la voce dello speaker che annuncia:
" ... Essi accettano la violenza dello scandalo e la sua illuminazione...".

***
AMMALATO, malato, malato, maschio, maschio, male, male, mia, maggio, maggio, ma, maestro, maestro, maestro, maestri, maestra, malato, malato, mangiare, mandato.
Ammalato, sfortuna, male, malore, raggiro, mandibola, mandare a chiamare, mandavo, mando, mia, male, mamma, sindaco, maggiore, maestà, male, malato, malati, malato.
Ammalato, marzo, maria, marocco, mania, marmotta, marmitta, ammassare, massacro, martire, mascotte, maschio, male, mia, maggio, maggio, maestro, maestro, maestra, malato, malato, mamma, mamma, mare.
Ammalato, sfortuna, sfortuna, mandato, mangiare, male, mia, mandare a chiamare, mandavo, mia, male, mamma, mehr, maestri, maestri, maestre, mamma, malato, mandibola, male, malato, mamma, mamma, mamma, madre.*

*La traduzione di questo passo è particolarmente difficoltosa, trattandosi di assonanze e rimandi che partono dal sostantivo "malade" per comporsi poi in pure associazioni, più sonore e sul piano del significante che del senso e dei significati. anche se tale procedimento giunge comunque alla costruzione di senso. Così, in italiano, è piuttosto difficile capire cosa c'entra "malato" con "maschio" e con "mi&', ma si capisce se si confronta l'originale in francese: "malade", "male", "ma". Lo stesso dicasi per quasi tutto il periodo. In italiano ovviamente il tutto suona un po' diversamente e induce un senso che non rispetta necessariamente l'originale né le intenzioni originarie. (N.d.T).

***
VEDEVO sotto il cielo la pietra gigantesca e quando scrutavo la roccia mi sembrava di distinguervi qualche lettera: una "p", una "r", a meno che non fosse una "b".
Vicino alla pietra si trovavano tre uomini e io li vedevo molto piccoli a causa della distanza. Il cielo era cupo.
I tre uomini sembravano parlare tra di loro e, a volte, parevano immobili. Distinguevo sempre meglio le lettere sulla pietra.
Tra le nuvole apparve d'un tratto la luna che rischiarò tutto. I tre uomini mi guardavano fissamente e potei vedere che sulla pietra era scritta a lettere gigantesche la parola "pensare".

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HO una bolla d'aria. La sento perfettamente. Quando sono contento si fa più leggera e a volte, quando mi parla, sembra che non ci sia.
La bolla d'aria cammina dal cervello al cuore e dal mio cuore al cervello.

***
QUANDO camminavo accanto a lei la testa dì ogni passante diventava un occhio gigantesco che la guardava.
Quando entravo con lei nel métro i corpi di quelli che la circondavano diventavano delle mani gigantesche che la toccavano.
E quando lei mi abbracciava la sua testa era solo due labbra che, lentamente, mi divoravano.

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"PICCOLO mio, bambino mio".
Lei accese una candela, alla fine, e io potei vederle il viso ma non il corpo, immerso nell'oscurità.
Le dissi "Parla".
Mi chiese di spalmarle un po'di pomata sulla schiena. La mia mano si scorticò con dei piccoli, sottili pezzi di vetro che erano piantati nella sua pelle. Subito il sangue sgorgò, umido.
Mi disse: "Piccolo mio, piccolo mio, prendi questa caramella".
Me la mise in bocca e subito sentii la caramella mordermi la lingua e il sangue uscire.
Si scostò da me un momento, potei vederle il ventre. Ci scorsi un'enonne bocca che rideva con una bambolina di cioccolato tra i denti. Il viso mi assomigliava.

***
ENTRANDO nel labirinto vidi che non c'era che una porta.
L'aprii ed entrai in un cupo corridoio. Accendendo la luce vidi che mi trovavo nella mia stanza, i miei due gatti sonnecchiavano sul cassettone e il tavolo era tale e quale l'avevo lasciato. La radio diceva:
', ... Senza rinunciare alla sua immagine dell'ultimo viso amato... ".


***
NELL'oscurità non vedo altro che gli occhi del gatto. Sono immobili e mi guardano. Anch'io li osservo senza voltarmi.
D'un tratto vedo la scritta "Panico" in uno di quegli occhi, e nell'altro la parola "Serenità".
Ma subito il gatto chiude gli occhi e non vedo più che l'oscurità.

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ERA notte. Prima di addormentarmi cercavo di risolvere un problema di scacchi. Stavo verificando la soluzione: il cavallo mangia l'alfiere, scacco. Allora vidi sollevarsi una delle caselle della scacchiera e apparire una scala. Mi ci infilai: ci vedevo appena, talmente fitta era l'oscurità. Non sentivo che le risa e i commenti che provenivano dal fondo. Quando vi arrivai si fece silenzio.
Un po' di luce illuminò il suolo: era formato da grandi lastre bianche e nere, come una scacchiera. Una di esse si sollevò e apparve una scala che conduceva a una cantina. Mi ci introdussi ma non vidi niente, talmente fitta era l'oscurità; non sentivo che le risa e i commenti che provenivano dal fondo.
Quando vi arrivai si fece di nuovo il silenzio. Un po' di luce illuminò il suolo: aveva la forma di una grande scacchiera... Tutto ciò si ripeté diverse volte.
Arrivai infine in una cantina dove era assiso un tribunale presieduto dal re, il quale, in un sussurro, mi condannò ad essere trasformato in fuoco.
Cercai di scappare correndo ma il mio corpo di legno non era più in grado di girarsi. Il cavallo mi si avvicinò mentre i membri del tribunale ridevano forte.
AL teatro Panico 1`uomo senza cappello" portava sempre un cappello in testa.
Il regista gli domandò di recitare "meraviglie" e 1`uomo senza cappello", disdegnando il mondo dell'insolito, recitò una scena "familiare".

***
SICCOME mi chiamavano entrai nella gìgantesca stazione.
Mi dissero di attraversare i binari. Penetrai in un vero e proprio labirinto di rotaie. 1 treni passavano senza sosta, dovevo avanzare con infinite precauzioni. Guardavo continuamente a destra e a sinistra. Ciononostante un treno non mi ha preso veramente per poco.
A metà cammino incontrai un uomo, nero di fuliggine, che mi indicò un rifugio poco più lontano da li. Poi mi abbracciò affettuosamente. Scomparve di colpo e io non me ne resi conto, vedevo soltanto un uovo enorme che camminava su due gambe con degli stivali ai piedi.
Continuai ad avanzare sempre più affannosamente. Non sapevo bene dove andare. Le rotaie si andavano rialzando sempre più. Delle voci mi consigliavano da ogni parte. Mi dicevano tutte: "Vieni qui".
Mi girai di colpo; vidi l'uovo schiacciato da un treno e per qualche istante sentii i gemiti dell'uomo.
I treni mi passavano davanti e dietro come frecce, i loro fischi sembravano sogghigni Proseguii il cammino ed arrivai al rifugio. Li c'erano parecchie uova trafitte, piene di buchi. Presi posto all'interno di una di esse. Volevo uscirne ma non riuscivo a liberare altro che le gambe. Attraverso il guscio potevo guardami attorno.
Dato che mi sentivo chiamare, uscii dal rifugio, sempre prigioniero dell'uovo. C'erano talmente tante rotaie che non distinguevo né i binari né gli spazi liberi. Corsi con tutte le mie forze e alcuni treni mi scansarono di poco. Non ci avrebbero messo molto a travolgermi.

***
MI fecero sedere e mi dettero tre carte: "la stella", "l'impiccato" e "l'imperatore". Quelli che mi stavano accanto guardavano le carte da dietro le mie spalle e ridevano.
Il croupier annunciò il risultato e distribuì le vincite. Chi era accanto a me si riempì le tasche con le vincite che aveva fatto. Le donne si alzavano gli abiti da sera per poterle portare tutte. Ridevano forte. Parecchi mi indicarono col dito.
Infine il croupier gridò: "Terna: la stella, l'impiccato e l'imperatore vincono il primo premio".
Le donne mi presero a braccetto e mi portarono dal croupier. Questi mi disse: "Vada in quella stanza, è laggiù che le consegneranno il primo premio". E si sforzava di soffocare le risate. Tutti mi guardavano e si sbellicavano dal ridere.
Le due donne mi fecero entrare nella sala, mi attaccarono ad un cavalletto ed iniziarono a tagliarmi dei pezzi d'ossa dalle braccia e dalle gambe. Mi dichiararono sogghignando:
"E' perché tu rimpicciolisca, sei ancora troppo grande".

***
QUANDO mi metto a scrivere il calamaio sì riempie di immaginazione, la penna di ricordi e il foglio bianco dell`arte della combinazione".
Allora chiudo gli occhi e, mentre sento cadere la pioggia, vedo girare attorno al mio cervello, minuscoli, il mio "io" perseguitato dal suo "lei".
Quando apro gli occhi l'immaginazione, i ricordi e l'arte della combinazione sono scomparsi e sul foglio bianco posso iniziare a scrivere:
"Quando mi metto a scrivere il calamaio si riempie di immaginazione, la penna...". Etc.

***
ERAVAMO entrambi al cinema. Invece di guardare il film, era lei che io guardavo. Toccavo i suoi riccioli e le lisciavo le ciglia. Poi le baciavo le ginocchia e le mettevo sul ventre un pirulino di carta che avevo fatto con i biglietti.
Lei guardava il film e rideva. Allora le accarezzavo il seno e ogni volta che ne stringevo uno, usciva un pesce blu.

***
PER mettere a nudo il polmone mi avevano preventivamente aperto la schiena. Poi mi operarono; durante tutto questo tempo io dovevo aspettare.
Volevo essere operato il più presto possibile, che mi fasciassero la schiena e andare a dormire. Notai che c'erano altri due malati accanto a me. Il chirurgo ci disse che, se non avessimo scritto una pièce teatrale credo si trattasse di Athalie, non ci avrebbe operato. Ci spiegò le ragioni che, secondo lui, giustificavano questo lavoro.
Più tardi sono andato da lui. Gli ho parlato a quattr'occhi. Gli ho detto che non potevo aspettare, che mi faceva molto male la schiena e che bisognava operarmi il più presto possibile.

***

NE rispose seccamente che bisognava riscrivere la pièce. Pensai che mi detestava e che per punirmi mi avrebbe lasciato per giorni e giorni, forse per tutta la vita, con la schiena aperta.
E lavoro degli altri due malati era già piuttosto avanti. Io non potevo invece fare niente, quasi, il dolore me lo impediva. Mi accorsi che ricordavo solo una scena della pièce. La recitai velocemente a memoria per cercare di ricordarmi del resto; finito, capii che avevo dimenticato tutto, sia la fine della pìèce che l'ordine ricevuto di riscriverla per intero.
Gli altri due malati lavoravano in fretta. Avrei voluto andare più veloce di loro, ma m'innervosivo inutilmente.


HO notato che quando si legge il mio poema che inizia con "A sottrarvicisi", tutti vorrebbero chiedermi: "Perché lei scrive el "verde"?".
Ho notato che quando si legge il mio poema che inizia con "Più vicina del cogito" tutti vorrebbero chiedermi: "Perché lei scrive "il nero"?".
Ho notato che quando Si legge il mio poema che inizia con "Così caratterizzato" tutti vorrebbero chiedermi: "Perché lei scrive el "blu"?.
Dato che i dolori che provo alla nuca non mi lasciano spiegare facilmente, temo che un giorno mi si potranno porre queste domande perché non saprei rispondere con la precisione voluta.

***
NELLA macchina da corsa, lei ed io eravamo i primi. Lei guidava ed io avevo il compito di contam i giri. Supponevo che ci restasse da fare solo qualche giro per finire la prova, ma non sapevo esattamente quanti. Cercavo di trovare un punto di riferimento passando davanti alle tribune, ma non fu che un istante, la velocità era tale che non riuscii a distinguere alcunchè.
Lei mi chiese ad un tratto: "Quanti giri ci restano da fare?". E io le risposi: "Un po' meno di dieci, credo". "Come un po' meno di dieci, non li conti?", replicò lei arrabbiata. Rallentò la corsa per potermi parlare; i bolidi cominciarono a sorpassarci, a velocità sostenuta. Le dissi: "Li ho contati ma ho fatto un errore, così ho voluto ricominciare e, per cercare una soluzione, ho fatto passare qualche giro senza contare". "Bisognava dirlo prima", gridò lei.
I ciclisti ci sorpassarono. Ci fecero un segno con la mano ridendo. "Ci stanno sorpassando tutti, non lo vedi?". Il pubblico dello stadio mi indicava col dito e diceva: "E' stato lui a sbagliare; lei guidava benissimo e lui le ha fatto perdere tutte le corse".
I pinguini scivolavano con i loro pattini sulla pista sogghignando e ridendosela di me.
Ora si stavano avvicinando le tartarughe e mi gettavano delle palle di neve con le zampe. Quando mi volli rifugiare presso di lei, lei era scomparsa.

***
L'ALBERO si rifugiò nella foglia, la casa nella porta e la città nella casa.
E io passeggiavo contemplando questo spettacolo, vedevo ancora che l'albero era diventato una foglia, la casa una porta e la città una casa.
Ecco perché dovevo fare degli sforzi per non nascondermi tra le mie stesse mani.

***
EVERYONE detests me: they say I have a persecution complex. Si, tutti mi detestano: dicono che soffro di mania di persecuzione.
IL leone verde mi guardava e divorava il sole. Per un momento il sole restò nella sua gola aperta come se non potesse più né entrare né uscire. Le majorettes lanciarono delle frecce al centro dell'astro.
Il leone inghiottì lentamente il sole mentre l'oscurità si faceva sempre più densa. Le majorettes smisero di scagliare frecce e si misero a suonare la tromba. La terra si coprì poco a poco di tombe e davanti ai miei piedi comparve una grande fossa.
Il leone aveva già inghiottito metà del sole e la notte avanzava lentamente. Le majorettes lanciavano frecce sulle tombe, dove spuntava dei grano. Poi ricominciarono a soffiare dentro le loro lunghe trombe. La fossa ai miei piedi era diventata molto profonda e grande quando il mio corpo.
Il leone verde finì di divorare il sole e tutto restò immerso nell'oscurità. Le majorettes mi collocarono nella fossa e, mentre alcune mi gettavano sopra della terra, altre soffiavano nelle loro lunghe trombe e altre ancora scagliavano frecce sul leone verde.

***
A VOLTE, nel cuore dell'ìnverno, la mia camera si riempie di calore e solo la padella sul fuoco resta completamente gelida; quello che la circonda, freddo.
Per scrivere devo dunque scostarmi dalla padella. E quando voglio scrivere "trasparente" la mia mano traccia la parola "opaco".

***
QUANDO lei passeggia nel parco mi arrampico su un albero per vederla passare sotto di me.
Quando sale le scale mi nascondo nella cabina dell'ascensore per poterla osservare dall'alto.
E quando mi chiama io chiudo gli occhi e resto immobile fino a che lei "mi sveglia". '

***
A VOLTE quando lei mi guarda nello specchio sento un calore particolare. Quando la sua immagine si affaccia dallo specchio, sul vetro compare la parola "libertà".
IO le gridavo: "Mamma, mamma" e lei restava in piedi a guardarmi.
Il cancello non mi permetteva di avvicinarmi. "i aveva in mano un mazzo di chiavi, che faceva dondolare; pareva sorridere.
Le dissi ancora: "Mamma, mamma, aprimi la porta".
Allora lei entrò nel bagno: l'acqua calda cominciò a bollire e lei scomparve. Il fumo che saliva disegnò una figura e un viso che sorrideva: era il mio.

***

AMMALATO, malato, malato, maschio, maschio, male, mia, maggio, maggio, ma, maestro, maestro, maestri, maestra, malato, malato, mangiare, mandato.
Malata, passeggiata, calata, insalata, passeggiata, lastricata, galata, ventaseccata, mastellata, paladinata, tallata, malata, valata, malata, malata, malata, mamma, mamma, mare.
Mamma, mamma, mama, baba, sasa, tata, vava, gaga, jaja, lala, fafa, rara, mama, mama, mamma, mare.
Malato, sfortuna, sfortuna, mandato, mangiare, male, mia, mandare, mandavo, mia, male, mamma, maestri, maestri, maestra, mamma, malato, mandibola, male, malato, mamma, mamma, mamma, madre. *

* Vale la nota a pag.77 (N.d.T).
I tanks e i soldati "nemici" avanzavano. 1 cannoni sparavano e io, al centro tra le due armate, nudo col corpo
dipinto di verde, cadevo lentamente dal cielo.

***

HO una bolla d'aria. La sento Perfettamente. Quando rifletto si fa più pesante e a volte, quando scrivo, sembra una goccia di mercurio.
La bolla d'aria cammina dal cervello al cuore e dal mio cuore al cervello.

***
LE donne avevano coma bianche e portavano delle mascherine nere.
Inginocchiati davanti a loro, gli uomini le imploravano. Vedevo ovunque il medesimo spettacolo. Scendevo le scale e assistevo ancora all'identico spettacolo, lo stesso che mi era offerto in tutte le pièce.
Quando sono entrato nel cortile ho sentito una voce provenire da un pozzo asciutto. Mi ci sono calato dentro; lei era là in un angolo, col suo viso di ceramica e i suoi grandi occhi fissi. Portava al collo una catenella con una piccola chiave. Me la dette ed io le aprii la gonna. Il sesso era nascosto da una maschera da cui si protendevano due coma affilate.
Mi abbracciò con le sue labbra di pietra e sentii la ferita che mi procuravano le coma. Il sangue sgorgò.
- TI amo.
Lei rise.
- Ti amo ...
Lei rise.
- Ti amo ...
Lei rise a crepapelle.
Il tempo delle ragazzine rivelava i mille letti infinitamente medianici.

***
LA gigantessa sferrava un violento colpo di mazza sulla testa di ogni bambino che le si avvicinava. Poi i bambini se ne andavano ridendo, cercando di fermare con le piccole mani il flusso di sangue che inondava loro il viso.
La gigantessa era riccamente vestita. Portava sulla testa un'aureola d'oro. Mi chiamò e mi disse: "Sono l'Immacolata Concezione" e si tolse la sottana; riuscii a vedere il suo brillante imene.
Mi avvicinai e lei mi sferrò un violento colpo di mazza sulla testa. Dalla ferita uscì del fuoco che mi bruciò i capelli, poi del sangue. Allora mi accorsi che l'Immacolata Concezione si copriva la bocca con le mani, fingendo di pregare, mentre invece soffocava il riso.

***
A VOLTE, quando lei mi chiama col mio nome, sento un calore particolare. Quando il suono della sua voce scompare, nell'aria si forma e si bilancia la parola lucidità.

***

PRIGIONIERO del vetro, non vedevo altro che le enormi mani di mia madre che richiudevano con forza il coperchio. Poi lei incollò un'etichetta sul barattolo e mi mise su una mensola della cucina.
- TI amo.
Lei pianse.
- TI amo.
Lei pianse.
- TI amo.
Lei pianse a dirotto.
Il tempo delle ragazzine rivelava i mille letti infinitamente medianici.

***
LO incontro tutti i giorni, immobile, nascosto sul pianerottolo. E' molto grande, porta un lungo mantello, un bastone e un monocolo, i suoi occhi sembrano vuoti e ciononostante ho l'impressione che mi guardi.
Quando inizio a salire i gradini lui emette una specie di latrato. Siccome non mi azzardo a proseguire resto sulle scale, a volte per ore intere, ad aspettare. Quando arriva qualcuno per passare, io attraverso con lui il pianerottolo e l'uomo sparisce. Tutti mi dicono che sono vittima dell'immaginazione.
Stasera è venuta la vicina e mi ha ordinato di accompagnare %l Signore" a passeggio. Chiesi: "Chi è questo signore", ma lei non mi rispose. Aggiunse solamente: "E' cieco".
Malgrado gli sforzi che faccio per dominarmi nell'aiutarlo a scendere tremo tutto. Inciampo ed entrambi cadiamo. Ora vedo i suoi occhi vuoti che mi guardano, il suo monocolo e il bastone. Cerco di scappare ma sono inchiodato al suolo e lui avanza per strangolarmi.
E' venuto verso di me e mi ha detto: "Sono il genio dell'ottava ora".
"Allora sei Nantur, genio della scrittura", gli ho detto io. Mi ha risposto: "No, sono Zizuph, genio dei misteri".
Poi aggiunse:
"Lui e lei salgono sul letto nuziale, sono due quando si sdraiano e quattro quando si alzano".

***
QUANDO sono uscito ho visto che il leone era li un'altra volta. Aveva una criniera nera e mi guardava.
Ho iniziato a camminare sul marciapiede e ho constatato ancora una volta che mi seguiva a distanza. Quando mi fermavo per guardare una vetrina si fermava anche lui.
Non sono andato al cinema in modo che nessuno notasse il suo atteggiamento, e ho cercato di prendere le strade meno frequentate.
Quando sono rientrato a casa, invece di restare davanti alla porta come fa di solito ha salito le scale insieme a me ed è entrato.
Mi è di fronte in un attimo e mi guarda fissamente. Ecco che avanza per divorarmi.
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